Post su Alphonso, da basketforum

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view post Posted on 4/9/2012, 23:11     +1   -1

The Truth

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www.basketforum.it/index.php?showtopic=20871&st=20

Grazie a chi ha scritto questo meraviglioso post che più leggo e più piango al pensiero di quanto ci manchi caro Alphonso.

CITAZIONE
E’ sempre strano svegliarsi in certi giorni. Le sensazioni vibrano per tutto il corpo, mi sento agitato e vorrei che il salto a due non arrivasse così presto, ma allo stesso tempo ho una voglia matta di giocare. Riesco ancora ad emozionarmi, a sentire la gara, nonostante abbia perso il conto delle partite che ho disputato in vita mia. Saranno mille? Mi vengono in mente le grandi sfide di Greenwood, dopo la scuola oppure d’estate. Tutto il giorno, dal mattino alla sera. Meno di ventimila abitanti, due playground. Uno vicino alla stazione, non un filo d’ombra e l’Amtrak tra Chicago-New Orleans, che ferma per un paio di minuti scarsi e da cui non scende mai nessuno. L’altro tra i fiumi, lo Yazoo e il Tallahatchie, che per uno strano gioco di meandri scorrono affiancati per qualche centinaio di metri, l’uno nella direzione opposta dell’altro. Soldi, pochi. Zanzare, un’infinità. E tutte enormi. Non c’era verso per difendersi, né al campetto, né quando s’andava a pescare. Infernali bestiacce assetate di sangue. Basket, pesca, pesca, basket. Non mi sembra così lontana la vita a Greenwood, Mississippi, qui dove vivo ora. Forse il mare è più bello di quei fiumi torbidi, ma la gente è semplice come a casa mia. Ventimila anime di là, e a volte ne venivano tremila a vedere le nostre partite dell’high-school. Novantamila qui, oggi se veramente ci sarà il tutto esaurito come dicono, saranno più di diecimila.
Diecimila persone che ti guardano, che ti incitano, che ti sostengono. Magari che ti criticano, se giochi male. E’ un loro diritto, no? Loro pagano, il biglietto, e di conseguenza anche il mio stipendio. Ci tengono alla partita di oggi, la rivalità è forte e anche se sono qui in Europa da molto tempo, ancora non mi sono abituato del tutto. E pensare che ne ho viste tante, come quella volta con l’Olympiacos quando la partita fu sospesa perché dalle tribune i tifosi della mia squadra lanciarono di tutto contro gli arbitri e i giocatori del Panathinaikos. Ieri sera, sul lungomare, mi han fermato in parecchi. Ragazzini, ma non solo: « Mi raccomando, Alphonso, domani bisogna vincere a tutti i costi! Questa è una partita che non si può perdere ». Qui la gente ti ferma per strada e ti saluta, nessuno è troppo assillante, nessuno è sgarbato, nessuno esagera. Credo che loro meritino questa vittoria. Ci tengo anch’io a vincere, forse più di altre volte. Non vedo l’ora che arrivi il momento in cui si esce dal tunnel, in cui lo speaker ci chiama ad uno ad uno, in cui l’arbitro alza la palla verso il cielo. Loro non hanno ancora perso quest’anno, dieci partite, dieci vittorie. Mi sento bene. Ho voglia di giocare. Ho voglia di vincere.

Colazione l’ho fatta, abbondante. Mangerò ancora qualcosina più tardi, per non appesantirmi troppo. Questo è il momento in cui… i pensieri rallentano, come il tempo. E’ come quando devi prendere un aereo, sei già passato dal check-in, sei all’imbarco e ti comunicano che ci sarà un ritardo di mezz’ora. Non è una semplice mezz’ora, è molto di più. E’ un’attesa snervante, in cui voglio distogliere la mente dalla partita e pensare ad altro; la cosa peggiore, è giocare nella propria testa l’incontro mille volte. Farò questo, farò quest’altro, se quello difende così allora io farò cosà. Se gli arbitri. Se non mi entra il tiro da fuori. Se mi entra il tiro da fuori. Non esiste maniera migliore di questa per costruire la sconfitta nell’incontro del pomeriggio o della sera. Cerco di non pensare alla partita, ovvero penso al non pensare alla partita. In un modo o nell’altro, finisco col pensare alla partita. Metto un dvd nel lettore, per guardarmi un film, pur sapendo che ci sarà una circostanza, una scena, un istante, che mi porterà ad allegorizzare il comportamento del protagonista e ad immedesimarmi in lui, traslando tutto all’incontro di oggi. Forse dovrei imparare ad alzarmi più tardi, quando si gioca, magari andando a letto dopo le canoniche ore ventitre. Mi pare di sentire mia madre, « domani hai la partita, vai a dormire! ». Non se ne parla, a letto presto. Quel che dice mamma, non si discute. Mi attendono altre mattinate così.

Finalmente il palasport, come al solito l’appuntamento è due ore prima del Grande Momento. Sasha è arrivato per primo, come al solito, e si sta già facendo fasciare le caviglie da Gianluca. Bud e Rod giungono insieme, ed anche questa non è una novità. A me alle partite piace arrivare da solo, quando mia moglie e i bambini non sono in Italia ovviamente: mi rilassa guidare da casa al Palas, prendere la borsa, salutare il custode e tutte le persone che incontro nel breve percorso dal parcheggio allo spogliatoio. E’ come se l’agitazione del mattino scivolasse via. La sento fuoriuscire dal mio corpo, il brivido se ne va lasciandomi una sensazione di grande pace. E’ la quiete prima della tempesta, il silenzio prima della battaglia. Lo spazio è immenso, tra non molto quelle tribune ora deserte inizieranno a riempirsi, a colorarsi di persone, bandiere, striscioni. Se urlassi, in questo momento, si sentirebbe l’eco. Se urlassi tra un’ora, la mia voce non si udirebbe nemmeno, assorbita da altre migliaia.

« Con il numero 10, Alphonso Ford! »
No, non posso descrivere questo momento. Tutta l’energia del mondo entra dentro di me, come se un vulcano mi avesse catturato o avesse preso il mio posto. Manca veramente un niente, tra pochissimo gli arbitri chiameranno i tre minuti e ci sarà il breve tempo per segnare gli ultimi canestri o per qualche rituale scaramantico. Ognuno di noi sta pensando. Non conosco i miei pensieri, ma immagino quelli altrui: secondo Phil, il coach, dovrebbe marcarmi un ragazzo argentino molto forte fisicamente, Delfino. Gli ho dato un’occhiata durante il riscaldamento, cercando di capire come si muove, se è teso, se è in giornata sì, se in giornata no. Starà pensando a me, al fatto che il suo compito sarà durissimo, se veramente sono così forte come attaccante. Forse spera di essere l’eroe, del resto tutti lo vogliamo, no? Si gioca di squadra, ma tutti abbiamo nel cuore questo desiderio, di essere i protagonisti. Ce l’ho io, ce l’ha Delfino, ce l’ha anche Iacopo, che ha 17 anni ed oggi è qui con noi per la prima volta in questa stagione. Lui starà pensando « magari ci saranno problemi di falli e io dovrò entrare in campo, e segnerò alcuni canestri decisivi. Potrebbe succedere! ». Questo è il suo sogno, la paura magari gli suggerisce il contrario: « speriamo che nessuno si faccia male o debba uscire per falli. Io lì dentro non ci voglio mettere piede ». Anch’io a 17 anni ci cascavo. Si merita un buffetto sulla testa, ora che gli arbitri ci hanno richiamato alle panchine. Tra non molto, tutti questi pensieri svaniranno nel nulla, saranno sbriciolati, diverranno polvere. Non li ricorderemo più, né io, ne tutti gli altri.

Sì, si inizia bene! Volevo quella palla ed è stato bravo German a darmela, appena dopo la mia uscita dal blocco – blocco… una montagna! – di Eley. Difensore in ritardo, quindi arriva anche il fallo. Forse posso anche farmi un’idea di come andrà ai liberi oggi. Credo bene, va dentro. Non mi sta marcando il ragazzo argentino, ma Mancinelli. E’ giovane, dicono sia un’autentica promessa del basket italiano ma personalmente non lo conosco benissimo. Il fisico indubbiamente ce l’ha, alto, corre bene, bei movimenti. Ha la faccia giusta, da bravo ragazzo, forse merita di diventare un grande campione. Forse è troppo bravo ragazzo, vediamo se è anche un pollo. Gli svicolo via dopo la rimessa dal fondo… sì, non serve nemmeno il blocco. La prossima volta però non sarà così facile andargli via. Dentro anche questa. Mi piace l’esplosione del pubblico, ti fa impazzire di adrenalina. Forse questa mattina, mentre mi giocavo la partita nella testa decine di volte, avrò immaginato un inizio così positivo. Ma è solo l’inizio, per l’appunto, non si devono tirare i remi in barca. E’ la prima volta che vedo il palazzo così acceso, da quando sono arrivato; la mia impressione è che ci stiano davvero spingendo i tifosi questa volta. Siamo tutti galvanizzati, animati da quel vulcano che ho sentito dentro di me un istante prima dell’inizio. L’avversario, forse è quello. Rivalità forte, mi dicevano. Che strano, la stessa voce la sentivo anche l’anno scorso, quando giocavo da un’altra parte. Non lo capisco, non riesco proprio a capirlo e mi mette una gran rabbia: cos’altro dovrei fare, per meritare una conferma? Non sono un giocatore che chiede milioni, potrei guadagnare molto di più col basket. Non mi compro l’auto dei miei sogni perché a Greenwood mi darebbero del pappone o del mafioso, se girassi con quella. Faccio canestro. Mi alleno seriamente, ogni giorno. Vado d’accordo con tutti, non ho nessun nemico in particolare, eppure solo a Peristeri sono rimasto due anni filati. Chissà come se la cavano i vecchi amici, Mihalis, Giannis, Manolis, Alexej. Io so soltanto che ho questa palla tra le mani, e non importa se sono così lontano dal canestro. Deve andare dentro, per me, contro quelli che mi hanno sputato in faccia. Va dentro, e credo proprio che sia un canestro di quelli belli, che hanno un valore particolare. Siamo avanti, 21-6, l’allenatore avversario è costretto a chiamare un timeout. Vogliono spezzare il nostro ritmo, dubito s’aspettassero di trovarci così determinati. Phil è bravo, ha un minuto di tempo per tenerci concentrati, senza farci sbandare o rilassare troppo, e ci riesce. Rientriamo, German mi vede subito. Questa dovrebbe farli impazzire: ricezione, finta, tiro a parabola altissima. Dicevano questo, che il mio gioco fosse quello di un curioso americano tozzo e traccagnotto che lucrava giocando spalle a canestro. Compiacciamoli, questa volta. Magari il prossimo canestro lo segnerò per zittire quelle lingue biforcute, che sanno far male. Anche quando rimangono silenziose, che ti ricattano o compatiscono per i segreti che ti porti dentro. Aspettiamo, i compagni sono caldi anche loro e gli avversari mi paiono piuttosto in confusione: il blocco al mio difensore infatti l’ha portato il lungo in aiuto. Quanto mi piace il basket, quanto amo queste serate in cui quasi ti senti invincibile, in cui tutto pare essere di una semplicità assoluta. Mi piace prendere la palla tra le mani, sentirla, stringerla come se dovessi farla scoppiare, infilarla in quell’anello rosso. E’ ciò per cui sono nato, immagino. Ognuno di noi ha un talento, ed non c’è niente di meglio che riuscire ad esprimerlo. Io ce l’avevo per la pallacanestro e sono riuscito a giocare a pallacanestro, a vivere grazie a questa dote. Vorrei che chiunque potesse avere questa fortuna. Quella signora in prima fila ha veramente un abito inguardabile, di un color verde brillante che pare più un catarifrangente che un vestito. Suo marito deve veramente volerle bene, per non dirle niente e per farla uscire di casa. Ma cosa faccio, a cosa sto pensando? No, non mi devo distrarre. La partita. Passami la palla, Sasha, il mio difensore è in ritardo. E’ stato bravo, ha recuperato, forse però posso liberarmi in palleggio… sì, va dentro! La signora dal vestito inguardabile si è alzata di scatto agitando i pugni al cielo. Questo te lo dedico, ma cambia atelier, ti prego.
Questo però è canestro valido, arbitro! Arbitro, lui mi ha spinto col petto quando avevo già raccolto il palleggio. Ma guarda che razza di ‘bullshit’ ha fischiato! Son due liberi, non ci posso credere. Era validissimo quel canestro. Stiamo andando via, sul +17, ma non dobbiamo pensare che sia finita. C’è ancora tutto il secondo tempo da giocare, è lunghissima. L’altra squadra non sta giocando bene ma non si è primi in classifica imbattuti per caso. No, non devo pensare a chi sono gli altri. Ci siamo anche noi in campo, stiamo giocando da Dio, ci entra veramente tutto. Questo è il ragazzino che prima ha provato a simulare uno sfondamento… ragazzino, avrà 23-24 anni almeno. Mi mette in difficoltà, nel senso che mi concede sia il tiro da fuori, sia la penetrazione. Cosa fare? Tre punti, la gente, la mia gente, esplode. Siamo sul 51-31, non ce l’aspettavamo. Mi accorgo che è doloroso, per gli altri. C’è uno spicchietto di tifosi avversari, piuttosto vivaci per quanto coperti dai nostri: danno l’idea di essere piuttosto rassegnati, o comunque giù di corda. Non dobbiamo rallentare prima della fine del tempo, sarebbe molto pericoloso. Noi potremmo andare negli spogliatoi troppo rilassati, gli altri galvanizzati dalla piccola rimonta. E’ il momento più delicato della partita e invece i miei compagni sembra veramente stiano aspettando la sirena; voglio la palla io, per mantener desta la squadra. Chi mi sta marcando non ha capito un’acca, datemi quella dannata palla. Mi han dato quella dannata palla, due volte.

57-36, meglio di così non poteva andare. Phil non parla molto, è essenziale. In effetti non è che ci sia molto da dire. Non riusciremo ad ascoltarlo più di tanto, perché l’adrenalina è tanta, tantissima. Ognuno di noi ha un sacco di voci in testa. Più che altro un rimbombo, l’eco del pubblico, la voce dello speaker al microfono. Oltre questo muro proveranno a fare un discorso, più complesso. Come provare a rientrare. Cosa fare. Cosa non fare. Nemmeno di là ascolteranno. Stiamo sudando in maniera diversa, noi esplodiamo di caldo e pare abbiamo le vampate in testa; di là il sudore gronda, sulle guance, lungo la schiena, negli occhi facendoli bruciare. La chiamano paura di vincere, con un luogo comune. Però esiste, ed è capitato anche a me di buttar partite che la squadra stava dominando. Oggi non può andare così. Di solito non pongo mai questa domanda, ma oggi è diverso. « Ne hai segnati 24, Al ». Sono tanti, non credo di aver sbagliato molti tiri, due o tre al massimo. Anche quando ero al Peristeri, o al Papagou, o allo Sporting, non di rado segnavo molti punti. A volte esageravo, forzavo troppo, ma era soltanto perché vedevo i compagni in difficoltà. Se avessi realizzato molti canestri, avrei dato soprattutto una mano a loro e alla squadra, prima che al mio tabellino. Oggi sono tutti in palla, è impressionante. Rodney, Bud, Marko, Sasha. Dovessi giocar male nella ripresa, avrei comunque le spalle coperte. Che idea stupida! E’ così stupida che senza accorgermene sono già in campo a tirare. Toh, ecco l’argentino. Ventisei. Avverto qualcosa come… forse stanchezza, forse ho tirato anch’io i remi in barca. Come è possibile, nel terzo quarto, buttar via dieci punti in un niente? Eravamo sopra di 23, ora a poco più di un minuto dalla fine del periodo, siamo a +13. Non ho giocato bene, mi sono nascosto. Se perdessimo, sarebbe ridicolo, vergognoso. Posso guardare negli occhi tutto il palazzo, so quello che desiderano. Alcuni di loro, e non sono pochi, non avranno dormito la notte scorsa per la tensione, per l’attesa. E’ un derby più per loro che per noi… sono proprio loro a trasmetterci il significato di questa partita. Hanno fiducia, nei miei e nei nostri confronti. Saranno più di sette metri da canestro e Delfino… beh, Delfino difende duro e scivola molto bene. Più sedici, respiriamo. Quel ragazzino sotto il canestro, con lo scopettone, chissà se è uno delle giovanili. Mi sembra di sì, di averlo visto qualche volta prima dei nostri allenamenti. Avevo la sua età, quando a mezzogiorno ero al playground a respirare aria che pareva brodo e a combattere zanzare cannibali. Certo che lo sognavo, di vivere un giorno esperienze simili. Lo strano è che quando sei un bambino o poco più non pensi ai soldi, non sai nemmeno cosa siano. “Da grande farò il giocatore professionista di basket”, significa il pubblico che ti acclama, il firmare un autografo sulla canottiera col tuo numero che un tifoso ha comprato allo spaccio del palasport, percorrere i corridoi che conducono agli spogliatoi del Garden o calcare il parquet del Forum. Non significa felicità al momento di fare un estratto conto. Quando sei un bambino sei semplicemente onesto, puro, le tue ambizioni sono belle e semplici come sogni. Vorrei che quel ragazzino…sì, proprio quello stesso ragazzino che ha lanciato in aria lo straccio per festeggiare questo mio canestro – credo che ormai la partita sia vinta – possa vivere in questa maniera. Arrivare un giorno, a trent’anni, a svegliarsi al mattino con l’agitazione per la gara, ricordando la sua attuale età, quando magari andava al campetto indossando la mia maglietta, o quella di Sasha, sognando di giocare in serie A. Il sipario sta per chiudersi, questo è il mio ultimo tiro. Dovrebbero essere 39 i punti, se ho ben inteso la voce dello speaker. L’importante è aver vinto, “a sem tropp Ford”, come scrivono sull’immancabile striscione alcuni ragazzi. Vorrei che fosse sempre così, che non avesse una fine, tutto questo. E’ come se… quando rientro in panchina tutti i compagni mi salutano, c’è chi mi dà il cinque, chi una pacca sulle spalle, chi m’abbraccia. Mi volto verso di loro, l’allenatore, i tifosi, i compagni. Vorrei che potessero capire la gratitudine che nutro per ognuno di essi, vorrei che potessero capire gli strani disegni che il destino scrive sul libro delle nostre vite. Ciao, signora con l’inguardabile abito verde, anche tu sei qui a salutarci a bordo campo, quando facciamo il giro d’onore. Ciao ragazzino, sapevo che non saresti potuto mancare. Vorrei che ci fossero altri libri da leggere, la sera, prima di andare a dormire. Altre passeggiate sul lungomare, o altri pesci da pescare nel Tallahatchie. Segnare un canestro. Giocare con i miei figli. Non so come andrà a finire, ma ho imparato a vivere ogni istante, a non lasciare niente di intentato, senza mai perdere la fede, senza arrendermi di fronte al nemico. So che un giorno questa mia forza verrà meno, ma non è oggi quel giorno. Siate forti e combattete duro. Il mio cuore sarà sempre con tutti voi.

 
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Lele74
view post Posted on 5/9/2012, 07:40     +1   -1




wow.....
 
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Bsares
view post Posted on 5/9/2012, 07:54     +1   -1




Bellissimo... da lacrimoni!
 
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view post Posted on 5/9/2012, 10:21     +1   -1
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Gattaccio dentro

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Quanto poco tempo sei stato con noi.... che rabbia.
 
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view post Posted on 5/9/2012, 13:13     +1   -1

Biancorosso a Vita!

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Ahhhhhh che roba....
2 gg. dopo quella partita con i Piccioni conobbi l'Innominabile.
Dal Paradiso all'Inferno.
 
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Astibiancorossa
view post Posted on 5/9/2012, 13:23     +1   -1




ma chi è questo utente di basketforum?piemontese e tifoso pesarese?
 
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view post Posted on 5/9/2012, 17:40     +1   -1
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CITAZIONE (Astibiancorossa @ 5/9/2012, 14:23) 
ma chi è questo utente di basketforum?piemontese e tifoso pesarese?

L'ha scritto SEOK, credo sia proprio delle tue parti, Alessandria o dintorni, ma non è tifoso della Vuelle, credo virtussino.
Bellissimo pezzo, lacrimoni.
 
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PISAVRVM
view post Posted on 4/9/2014, 17:40     +1   -1




CITAZIONE (thebbaron @ 5/9/2012, 11:21) 
Quanto poco tempo sei stato con noi.... che rabbia.
 
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view post Posted on 4/9/2015, 12:26     +1   -1
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And therefore never send to know for whom the bell tolls; It tolls for thee

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Ci si accorge di quanto si sia abbassata la passione, sia verso la squadra che nel "nostro" forum, quando nessuno ha neanche un ricordo per il "NOSTRO" Alphonso.
Sembra oramai un'eternità (sportivamente parlando), da quando ci ha lasciato.

(EDIT: Gorgo mi ha smentito per un paio di minuti nella sezione principale. :))
 
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Daye
view post Posted on 3/1/2016, 10:47     +1   -1




CITAZIONE (Bsares @ 5/9/2012, 07:54) 
Bellissimo... da lacrimoni!

.

nonostante il titolo, è Andrea Cinciarini che ricorda Alphonso


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Edited by Daye - 3/1/2016, 11:07
 
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9 replies since 4/9/2012, 23:11   486 views
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